lunedì 11 maggio 2009

"CALABRESI ASSASSINO": GLI ANARCHICI RIVENDICANO LE SCRITTE SUI MURI


“Calabresi assassino. Pinelli assassinato, nessuna pace con lo Stato”, firmato Fai , Federazione anarchica italiana. Le scritte comparse questa notte a Torino, vicino ad alcune sedi del Partito democratico e sul muro della redazione de “La Stampa” (oggi diretta da Mario Calabresi, figlio del commissario assassinato), hanno suscitato lo sdegno dell’intero mondo politico. Dalla presidente della Regione Mercedes Bresso (“Una cosa inammissibile e disgustosa, ci sono livelli di bassezza che non sono comprensibili”) a Davide Gariglio, a capo del Consiglio regionale (“Sono azioni teppistiche, contro le quali occorre un'azione comune di tutte le forze politiche e della società civile”), passando per Cesare Damiano, responsabile Lavoro del Pd, e Andrea Ronchi, ministro per le Politiche europee.

La Fai ha rivendicato il gesto in un comunicato diffuso in giornata, accusando tra l’altro il presidente della Repubblica Napolitano di voler “riscrivere la storia”: “Dopo 40 anni lo Stato cerca di assolvere definitivamente se stesso, mettendo sullo stesso piano i carnefici e le vittime. Non è un caso che il protagonista sia Giorgio Napolitano, che, come il suo collega Violante, riscrive la storia mettendo sullo stesso piano le ragioni dei carnefici e quelle delle vittime”.

Le accuse a Napolitano fanno seguito all'invito dello stesso capo di Stato, durante la cerimonia in memoria delle vittime del terrorismo, della vedova Pinelli insieme a Gemma Calabresi, madre del commissario ucciso. Un incontro durante il quale le due donne si sono cordialmente salutate.

Luigi Calabresi fu assassinato il 17 maggio 1972 da un commando di due killer che gli spararono alle spalle. Dell’omicidio vennero accusati (e successivamente, tra le polemiche, condannati in via definitiva) alcuni militanti di Lotta Continua, tra cui, come mandante, Adriano Sofri (autore recentemente di un volume, “La notte che Pinelli”, che ricostruisce la vicenda).

Giuseppe Pinelli era un ferroviere anarchico milanese. Cadde giù dalla finestra della questura meneghina il 15 dicembre 1969, tre giorni dopo la strage di piazza Fontana: era trattenuto dal giorno dell’attentato alla Banca dell’Agricoltura. A interrogarlo fu, tra gli altri, il commissario Calabresi, allora vice-responsabile dell’Ufficio politico milanese. La sentenza D’Ambrosio (l’ultima sul caso, del 1975) parlò, per spiegare la caduta, di “malore attivo” dell’anarchico. Calabresi fu oggetto, sino alla tragica morte nel ‘72, di una violentissima campagna stampa da parte dei gruppi della sinistra extraparlamentare ( e non solo ), convinti del coinvolgimento del commissario nella morte di Pinelli.

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