lunedì 15 giugno 2009

AMIANTO ABBANDONATO: CONTINUA LA LOTTA


di Daniela Sala e Matteo Acmè

“Siete pronti? Facciamo un giro così vi rendete conto del porcaio in cui viviamo”. Francesco D’Angelo ci accompagna nel suo giro di ispezione. Fa parte delle Gev (Guardie ecologiche volontarie), il corpo provinciale di tutela dell’ambiente. Il gruppo di Collegno, quello di D’Angelo, si occupa della zona compresa fra Casorette, Pianezza, Druento e Caselle.

“L’amianto? Ne troviamo praticamente ad ogni uscita – ci spiega la Gev – Ormai è una pratica consolidata: sono soprattutto ditte che prendono lavori di bonifica a prezzi stracciati e invece di fare uno smaltimento corretto, e quindi costoso, abbandonano l’amianto nell’ambiente”.

Nella prima mezz’ora ci fermiamo in tre zone “di abbandono abituale” e in tutte e tre ci sono resti di eternit, D’Angelo scuote la testa, “abbandoni del genere sono pericolosi. Prima di tutto per chi li fa senza le precauzioni adeguate”. Poi delimita l’area interessata e mette un cartello che avverte di non rimuovere. A questo punto scatta una prima indagine alla ricerca di indizi che possano far risalire al responsabile: un indirizzo su un pezzo di carta, un numero di telefono, un nome. Se si scopre qualcosa la palla passa a Ferrero il coordinatore provinciale delle Gev e da quel momento è la Provincia che si occupa del caso. Se è una ditta ad abbandonare rifiuti pericolosi le sanzioni sono penali.

In questi “comuni dormitorio” si trovano mucchi di rifiuti un po’ ovunque: “Abbandono chiama abbandono, se vedono rifiuti all’aria aperta si sentono autorizzati a continuare lo scempio. E la rimozione è a carico dei comuni e dei cittadini”. Ci spiega che i comuni più grandi organizzano raccolte con cadenza settimanale ma quelli più piccoli spesso non possono permettersi di organizzare rimozioni e bonifiche tempestive. Capita quindi che i rifiuti e l’amianto restino sul luogo dell’abbandono anche per parecchio tempo.

Cerchiamo l’amianto ma troviamo rifiuti di ogni genere: resti di computer, materassi, tubazioni, metalli e contenitori di ogni tipo. Secondo Francesco D’Angelo “l’eternit è pericoloso ma resta un abbandono marginale. Il vero problema è la mole complessiva dei rifiuti.” Troppo facile il riferimento a Napoli ma davvero la periferia torinese sembra disseminata di piccole discariche a cielo aperto.

Le Gev cercano di tenere sotto controllo la situazione ma hanno alcuni problemi, primo fra tutti l’organico: “Al momento siamo in nove, troppo pochi. Aspettiamo che si aggiungano altri venti persone ma ricordiamoci che rimaniamo dei volontari, per noi non è un’occupazione a tempo pieno”. A questo si aggiungono le loro limitate competenze in fatto di controlli: le Guardie ecologiche si limitano a compiti di polizia amministrativa, appena si prefigura il reato penale se ne occupa la Provincia. Manca anche la possibilità di efficaci controlli sui “rifiuti viaggianti”: chi trasporta rifiuti deve avere la documentazione che li identifica con precisione, un espediente che dovrebbe limitare gli abbandoni. Oggi le Gev non possono controllare gli spostamenti di spazzatura e scarti da bonifiche, la competenza spetta alle forze dell’ordine che non sempre possono dedicarvi il tempo necessario. “Non abbiamo i presupposti legali per migliorare in questo senso il nostro lavoro, - lamenta D’Angelo - ma manca anche del tutto la volontà politica.”

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